Quando ho visto per la prima volta Lauren Bacall recitare, era già vecchia. Era il 2003, e il film si chiamava Dogville. Chiunque l’abbia visto, sa già quanto la sua Ma Ginger fosse crudele e subdola, né più né meno degli altri abitanti della soffocante cittadina. Il suo sguardo diceva tutto.
L’ho ritrovata, con sorpresa, nei contenuti speciali di Casablanca, dove rendeva omaggio al capolavoro (e ad Humphrey Bogart, suppongo) con sincero affetto e devozione. All’incirca nello stesso periodo, devo averla vista anche sui libri di scuola, un libro di storia per essere precisi, in una fotografia che la ritraeva ad una seduta della Commissione McCarthy nel 1950 assieme a Evelyn Keynes, June Javoc, Danny Kaye e lo stesso Bogart; e quando seppi cosa fosse il maccartismo, provai un po’ di simpatia per lei. L’odiosa Ma Ginger se n’era già andata.
Nel mezzo dev’esserci stato pure Come sposare un milionario. Il confronto con Marilyn sarebbe inutile, chiunque avrebbe perso, e si dica pure che non aveva la stessa sensualità di Betty Grable, ma quanta eleganza, e lo sguardo altero e seducente allo stesso tempo.
Lo rivedo in queste ore, “sfogliando” vecchie fotografie in rete della sua giovinezza, quei due occhi che sembrano sfidarti, e l’espressione altezzosa ma solo per finta, soltanto per gli obiettivi che l’immortalavano nelle sue pose perfette da fotomodella. Erano gli anni del grande amore, della fama, della grande Hollywood e dell’Oscar mancato. Ne arrivò uno, tardivo, nel 2009, alla carriera. In riconoscimento del suo ruolo centrale nell’Età d’Oro del cinema.